Lettera auguri di Natale del parroco

CI PREPARIAMO AL NATALE …

 … ad accogliere il Volto 

che volge verso di noi 

il suo sguardo

Cari fratelli e sorelle, in occasione del Natale, mi sembra giusto dare voce alla speranza che alberga nei nostri cuori.

Il Cristiano è colui che sa “abitare” la storia, perché è in grado di leggere nei “segni dei tempi” l’inarrestabile cristificazione della creazione: riposando in Dio, ha chiaro il fine e la fine degli eventi e pertanto riesce a stare in pace anche nel mare in tempesta. Il nostro compito non è quello di istaurare una società cristiana, ma attendere operosamente il ritorno del Messia che verrà a ristabilire la creazione così com’è uscita dalle mani del Padre.

È solo la sicurezza di ciò che verrà che ci fa vivere “progressivamente” il presente. Questa certezza conferisce all’“oggi” lo slancio nel rinnovare le cose: con la nostra “buona testimonianza” affermiamo questo convincimento. Lo sposo ritornerà, ma noi dobbiamo farci trovare con l’olio nelle lampade; in caso contrario non saremo in grado di vederlo.

La fede ci aiuta a leggere con obiettività e distacco il difficile momento che trascorriamo: è la prima volta che nella storia dell’umanità riusciamo a gestire una pandemia con costi umani non devastanti.

A conferma di ciò basta confrontare alcuni numeri facilmente reperibili in internet. La pandemia influenzale che si diffuse fra il 1918 e il 1920, la “spagnola”, provocò il decesso di 50 milioni di persone su una popolazione mondiale di poco più di 2 miliardi. Contrariamente a quanto accade nella maggior parte delle epidemie influenzali, che uccide quasi esclusivamente pazienti anziani o già indeboliti, la pandemia del 1918 stroncò prevalentemente giovani adulti senza precedenti di malattia. Se confrontiamo questi dati con quelli attuali ci rendiamo immediatamente conto del balzo in avanti che in pochi decenni l’umanità ha compiuto: attualmente le persone morte per Covid sono 1,6 milioni su una popolazione mondiale di 7,6 miliardi.

Cos’è allora che ci terrorizza? Credo sia il riemergere inaspettato della ferita originaria che accompagna ogni essere umano, che pensavamo di avere in gran parte rimarginata: la nostra nuda fragilità e precarietà.

Fratelli e sorelle, siamo limitati e lo saremo sempre, anche nell’eternità, perché il limite è la nostra naturale condizione di esistenza. Io sono Livio perché non sono Marco. La rivelazione cristiana, con l’Incarnazione dell’“Essere” nell’“esserci”, ci ha svelato che il limite non è un limite, ma la stupenda infinita possibilità di sperimentare l’esistenza. È il limite vissuto male che è mortale: pertanto dobbiamo educarci ad abitare bene questa nostra costituzione ontologica; non abbiamo alternative, né ora, né mai!

Il Covid ci ha fatto comprendere che tanto è stato fatto per rendere umano il nostro vivere, ma ancora molto resta da fare.

La pandemia ha accelerato il processo di concentrazione della ricchezza iniziato negli anni 80 del secolo scorso: l’ong internazionale Oxfam calcola che nel mondo circa duemila mega miliardari detengono il 60% di tutta la ricchezza globale. Una ricchezza più grande di quanto possiedono i 4 miliardi e 560 milioni di persone, pari a oltre la metà della popolazione mondiale.

Purtroppo questa non è l’unica assurdità. Solo per citarne alcune: sono decenni che consumiamo più di quanto la terra è in grado di rigenerare; le spese militari sono in crescente aumento; continuiamo ad alterare i delicati meccanismi climatici innescando fenomeni naturali incontrollabili.

E pensare che il grado di progresso raggiunto ci permetterebbe di vivere tutti con uno standard di vita più che dignitoso.

Certo, affinché questo avvenga, occorre anche fare delle scelte: combattere la corruzione, l’evasione fiscale con i suoi “paradisi”, la criminalità organizzata. Inoltre bisogna cambiare il sistema di produzione dei beni creando manufatti che durino parecchi decenni e redistribuire la ricchezza prodotta dagli uomini: che senso ha che una persona abbia più denaro di quello che riuscirebbe a spendere nella sua esistenza? Come dicono i Padri della chiesa: un patrimonio eccessivo e spropositato è un furto. Anche la filiera alimentare andrebbe totalmente ripensata: quale logica si nasconde nel commerciare le pere dell’Argentina, le mele del Cile o le albicocche della Francia in un paese a vocazione agricola come il nostro? Non si tratta di protezionismo ma di semplice buon senso!

Tutto ciò rende manifesto che abbiamo ancora molta strada da fare per imparare a vivere correttamente il nostro limite. Dobbiamo capire sempre di più che chi ci sta accanto non è un inciampo ma, donandomi e aprendomi a lui, avrò la possibilità di fare una esperienza sempre nuova di me stesso. Senza il fratello non siamo e non saremo mai felici, neanche nell’eternità: ci aspetterà l’inferno, il falso piacere demoniaco del dominio sugli altri.

Dunque, di fronte a tutto ciò, che cosa possiamo fare io e te oggi per innescare un circolo virtuoso? Essere testimoni di speranza nel luogo in cui Dio ci ha posti.

Quanta consolazione genera vedere una comunità dove la diversità non è fonte di conflitti ma è armoniosamente composta nell’Unità tanto desiderata da Gesù. Persone che sanno collaborare, volendosi bene e rispettandosi, per la gioia di tutti.

Cari fratelli e sorelle, se non iniziamo a realizzare un mondo migliore nei contesti in cui viviamo, non possiamo pretendere che i partiti, le aziende, i sindacati, la chiesa, etc… siano diversi da noi. Se ognuno mette avanti se stesso e non ascolta e non apre il proprio cuore agli altri, perché dovremmo pretendere che coloro che ci rappresentano siano diversi?

Si, fratelli, questo è il “vangelo” che Gesù ci invita ad annunciare: è in nostro potere rendere questo mondo meno amaro; lo possiamo fare iniziando a cambiare noi stessi. L’unica autentica rivoluzione parte e si rinnova solo nel quotidiano capovolgimento del nostro cuore ego-centrato, bellico e terrorizzato: da “Io” a “Dio”, dal ripiegamento sul nostro ombelico allo sguardo rivolto fiduciosamente verso il Padre e verso il fratello.

Ma questo ci è possibile solo se ci predisponiamo ad accogliere la Grazia di Dio, il suo Spirito Santo. Senza questa apertura del cuore e della mente è impossibile incarnare qualsiasi parola: facciamo solo “rappresentazione”. Ed il tempo della “rappresentazione”, sia in ambito secolare che religioso, per tutte le dinamiche innescate dalla post/modernità, è oramai definitivamente tramontato: non ritornerà più!

Per disinnescare, dunque, questo processo che può distruggere la nostra umanità e ostacolare la nostra conversione, come discepoli di Gesù, occorre accogliere nuovamente l’invito a “pregare incessantemente”. Pertanto bisogna rimettere al centro la preghiera, perché ci aiuta a passare dallo sguardo impaurito su di sé allo sguardo empatico verso chi ci è accanto. Anche per questo motivo nella nostra comunità sono nate le esperienze dell’Adorazione eucaristica continua del lunedì, mercoledì e venerdì e quella meditata del giovedì ed anche quella del Corso sulla preghiera.

Come dice San Basilio: «Chi prega ha le mani sul timone della storia». Se cambio la mia anima, cambio il mondo. Questo è cristianesimo; questa è la “buona notizia”.

Tanti cari auguri di un lieto Natale e un felice anno nuovo nella speranza che il futuro, affidato al nostro cuore, alla nostra intelligenza e alla nostra buona volontà, sia pieno di frutti da presentare al Signore, nell’attesa della sua venuta.

B.go Podgora 14/12/2020            d. Livio, diac. Gianni, diac. Antonio


 

14 dicembre 2020, Amministratore